Iliass, dalle case popolari alla gioia di Tokyo
15 Settembre 2025di Fausto Narducci
Due chilometri di corsa con lo zainetto in spalla per andare ad allenarsi e poi altri due per tornare a casa. E la casa di Iliass Aouani, medaglia di bronzo nella maratona di Tokyo dopo essere già stato campione europeo della distanza negli Europei su strada, quando aveva 14 anni non stava nel natìo Marocco e neanche in un posto sperduto dell’Africa. Ma a Ponte Lambro, il quartiere alla periferia di Milano che fa concorrenza alla vicina Rogoredo in fatto di spaccio e delinquenza, non era (e non lo è ancora nonostante gli interventi anti-degrado a livello sociale) un quartiere dove era facile crescere. Iliass aveva raggiunto a due anni il papà che insegnò subito ai cinque figli (due fratelli e due sorelle per Iliass) cosa significa spezzarsi la schiena: la sveglia all’alba per andare a lavorare prima come lavapiatti e poi nei cantieri.
“Che volete che siano quattro chilometri di corsa con lo zainetto da Ponte Lambro all’ex Campo Snam di San Donato per un ragazzo di 14 anni, mica sono uno di quei keniani che devono percorrerne tanti di più solo per andare a scuola”, ci ha scherzato su dopo la medaglia Aouani a Casa Atletica Italiana. Ma non c’era da scherzare quando si andava a scuola schivando le siringhe che sono state sempre il biglietto da visita del complesso di via Ucelli di Nemi, simbolo del degrado urbano della periferia milanese anche se meno famoso della napoletana Scampia. La criminalità era di casa nelle case popolari sorte un po’ alla rinfusa dietro all’ospedale Monzino che è invece un simbolo dell’efficienza milanese. Un contrasto diventato stridente qui, al confine col paese di Linate che ospita l’aeroporto, quando negli anni Ottanta era stata costruita l’aula bunker per i processi di mafia del Tribunale di Milano. Le cose sono migliorate quando il Comune ha cominciato ad assegnare le case popolari ai giovani arruolati nei corpi militari ma intanto Aouani se n’era già andato in America per prendere la laurea in ingegneria civile ed era già un atleta affermato.
Claudio Valisa, allenatore che ha guidato tutta la carriera di Genny Di Napoli fino a due titoli mondiali indoor, ci racconta il primo Iliass: “Era il 2011 quando mi trovai di fronte questo ragazzino a cui avevano fatto il mio nome per allenarsi. Lo misi subito al lavoro e posso dire che intuii subito che aveva talento ma sapete come vanno queste cose. Io cominciavo le sedute alle 17-18 di sera e lui arrivava puntualissimo tre volte alla settimana con lo zainetto in spalla dopo la sgambata. C’era ancora Di Napoli, dopo il ritiro, a frequentare il campo e Iliass mi ricordò proprio lui: a un certo punto dovevo mandarlo a casa perchè non rispettava le consegne e voleva strafare. Mi definiva un ‘conservativo’ e sono d’accordo: per me bisogna rispettare i tempi nella crescita anche per talenti come lui e Di Napoli”.
Sei anni di convivenza in cui Iliass pur frequentando il liceo scientifico non ha mai cambiato le sue abitudini. “Anche da ragazzino voleva tornare a casa da solo, non accettava passaggi.
Solo una volta mi toccò accompagnarlo in macchina e, vista la nomea che si portava dietro Ponte Lambro dalle nostre parti, dovette rassicurarmi ‘Finchè ci sono io con te in macchina non devi preoccuparti’.
Tesserato con la Riccardi Milano, Iliass rimane deluso per il mancato accesso in un club militare e nel 2015 dopo il diploma annunciò a Valisa la scelta di trasferirsi in America per gli studi universitari: “Aveva già ottenuto risultati incoraggianti nel mezzofondo veloce. A parte diversi Europei giovanili e le Universiadi di Napoli del 2019 ricordo un 3’45”61 nel 2019 e quando ai campionati di Rovereto 2014 vinse la serie B dei 1500 davanti a Obrist rischiando di vincere anche il titolo assoluto. Questo per dire che aveva un’ottima base di velocità. Ma nonostante tutto lo incoraggiai a seguire i suoi studi in America: era un ragazzo riflessivo, un po’ solitario ma sempre molto aperto con i compagni di squadra. Ancora oggi quando torna a Milano viene a trovarci al campo e ha portato in mostra tutte le sue medaglie”.
Ma Iliass è rimasto legato soprattutto al suo quartiere e alla sua famiglia. Anche ora che si allena a Ferrara con Massimo Magnani quando torna a Milano fa base nella sua casa di Ponte Lambro dove nella famiglia marocchina Aouani, perfettamente integrata, si respira l’orgoglio di avere un figlio e una figlia laureata e tutti gli altri sistemati. È sempre con la famiglia che Iliass cerca di vivere il Ramadan quando è in Italia. Qui a Tokyo ci ha tenuto a raccontare la sua storia perché sia da esempio a tutti quelli che vivono il disagio delle periferie. Da Ponte Lambro al bronzo mondiale lui è arrivato correndo.
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